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Un occhio nero e due lingue sul suo cazzo

Una delle mie foto preferite di me stesso è un’istantanea sfocata e terribile di metà del mio viso: un occhio nero orgogliosamente esposto e le mie labbra arricciate verso l’alto in un sorriso sporco. È una vecchia foto, scattata con un telefono che aveva qualcosa che poteva a malapena essere descritto come una macchina fotografica, ma la foto mi ricorda un momento molto felice.

Abbiamo incontrato questa ragazza: divertente, bellissima. Ci siamo scopati una volta, poi di nuovo, poi un altro paio di volte perché… beh… perché no?

Ci siamo divertiti.

Ci sono stati momenti in cui scopavamo quando il mio cuore martellava: il ragazzo con cui stavo in quel momento era un farfallone e ho passato così tanto del nostro rapporto consumata dalla gelosia. Mentre stavamo con questa donna, ero solo un po’ preoccupata che si innamorasse di lei.

Non ho idea del perché abbia funzionato così bene: forse perché prima eravamo amici, e ci fidavamo di lei. Forse era il suo piacere di essere deliziosamente, felicemente single. Forse era solo che mi piaceva davvero tanto – in un modo che non avevo mai sperimentato con altre donne prima di allora.

La foto mi ricorda la mia notte migliore di sempre: ci eravamo vestiti al meglio per una festa – pensate ai cocktail e alle scarpe buone e agli uomini solitamente trasandati che si sforzavano inaspettatamente con camicie bianche e pulite. E a ballare, naturalmente. Non a zampettare come farei di solito, ma a ballare con una band dal vivo, dove gli uomini maldestri cercano di farti fare delle belle piroette. E canzoni lente dove ci si stringe l’uno contro l’altro, godendosi la sensazione di avere le curve di qualcun altro schiacciate vicino contro le proprie.

Alla fine della serata, siamo tornati a casa mia e siamo caduti tutti e tre sul futon. Il mio monolocale era minuscolo e il mio letto era solo un futon sul pavimento, incastrato tra una libreria traballante e un tavolino basso di legno massiccio.

Abbiamo iniziato con uno di quei baci a tre: dove si entra e si esce l’uno dall’altro, girando la testa avanti e indietro, tirando avidamente una persona prima di passare rapidamente all’altra. Occasionalmente ci si incontra nel mezzo in un pasticcio di lingue e saliva.

Lei lo spingeva sulla schiena e mi sorrideva. Allungò una mano per allentare la sua cravatta, mentre io capii quello che voleva dire e mi misi al lavoro sulla sua cintura.

Era contento di stare lì sdraiato e ci lasciò lavorare.

Certo.

Voglio raccontarvi qui, in dettaglio, cosa è successo una volta che lo abbiamo spogliato. Ma questa cosa è successa tanto, tanto tempo fa. Quattordici o quindici anni, forse? Davvero non riesco a ricordare chi ha messo cosa dove e quando, chi ha toccato per la prima volta le labbra sui capezzoli o chi ha raggiunto le mani quando e per cosa.

Ma ricordo vividamente due cose:

La prima è il momento in cui mi ha detto che “noi” avremmo dovuto succhiargli il cazzo e la gioia sul suo viso quando mi sono trascinata sul letto, e ho incontrato i suoi occhi mentre le nostre lingue toccavano il suo cazzo. Quel momento rimarrà davvero nella storia.

Ma per quella foto. Io, con il sorriso impacciato, e mostrando con orgoglio l’occhio nero che mi ero fatta quando – da qualche parte a metà scopata alla fine del nostro trio – ho alzato la testa per incontrare la sua per un bacio avido… e l’ho sbattuta a tutta forza sul tavolino.

Ho guardato quella foto questa settimana, per vedere se riuscivo a ricordare qualcosa di più di questa notte, ma gli unici dettagli che ho sono quelli: l’occhio nero, il mio sorriso felice, e la visione di noi che sorridevamo mentre le nostre lingue si incontravano sul suo cazzo.

Written by Giovanna

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